mercoledì 29 agosto 2007

Cari amici, ho letto tutti i vostri interventi e vorrei raccontarvi la mia esperienza proprio relativa all'applicazione pratica di questo concetto che stiamo esaminando.
Infatti quest’anno, svolgendo attività di docenza sia nel sostegno sia nella mia disciplina curriculare (diritt o ed economia), ho avuto modo di sperimentare, sia pure inconsapevolmente, proprio l’assunto di Dario Janes, che sostiene come la vera qualità dell’integrazione si realizzi solo attraverso la “speciale normalità”. Nella classe IV dell’Istituto Professionale, dove ho prestato attività di sostegno per nove ore settimanali, il ragazzo che seguivo, sin dall’inizio dell’anno mi aveva dato segnali molto chiari circa il suo bisogno di “normalità”. Secondo la diagnosi funzionale risultava affetto da un lieve disturbo della sfera emozionale e con una difficoltà cognitiva minima, che ho però riscontrato presente solo nell’area lessicale-linguistica, mentre nell’area logico- matematica riusciva persino ad eccellere sui compagni. Per poter interagire con lui e aiutarlo a realizzare appieno un’integrazione significativa ed efficace ho cercato di valorizzare agli occhi dei compagni le sue doti, per esempio, in accordo con la docente di matematica, l’ho fatto girare per i banchi ad aiutare chi aveva difficoltà nello svolgimento dell’esercizio assegnato, oppure ho mostrato i suoi quaderni ordinatissimi come buon esempio per chi nella classe non riusciva a prendere bene gli appunti. In sostanza nell’ambito della sua “specialità” ho cercato di valorizzare tutti gli elementi di “normalità”, che i compagni di classe hanno apprezzato, prendendo anche coscienza delle loro eventuali necessità di educazione speciale. In un’altra classe, dove invece ho insegnato la mia materia curriculare, e dove non ci sono stati ragazzi certificati, si è invece proprio verificato l’esatto contrario. In sostanza la maggioranza degli alunni sin dall’inizio dell’anno ha manifestato un grande bisogno di interventi educativi personalizzati finalizzati quindi a una “normalità speciale”. Molti sono stati infatti gli interventi necessari dei docenti dell’intero consiglio di classe per risolvere problemi comportamentali e difficoltà di apprendimento non di poco conto. In entrambe le situazioni sopra riportate è quindi evidente la coesistenza sia del bisogno di normalità sia di quello di specialità, infatti l’alunno diversamente abile, come i suoi compagni “normo-dotati”, ha bisogno di un’educazione e di una formazione che ne favorisca il più possibile le potenzialità e lo aiuti a realizzare apprendimenti significativi, attraverso una costante valorizzazione delle competenze e delle padronanze che possiede.
Cosa ne pensate?
saluti a tutti
R09803
Monticelli Paola

Nessun commento: